Quella tra me e Tommaso Fiore fu un’amicizia straordinaria,inusuale e forse quasi surreale.Un’esperienza indimenticabile.Dunque,si era nel 1968 ed io scrivevo poesie.Le leggevo agli amici,che mi lodavano,ma io non ero soddisfatto.Come si fa a sapere davvero se ciò che scrivi è valido oppure no?(Quello di far dapprima leggere i propri scritti ad un critico letterario o comunque a persona esperta nel settore è ‘ un metodo che suggerisco anche ai tanti giovani che scrivono e subito stampano i loro lavori che poi ricevono-naturalmente- lodi dagli amici e dai parenti, senza mai passare attraverso un giudizio estetico).Ero alla ricerca di una valutazione autorevole.Un amico mi sussurrò:conosco il grande meridionalista Tommaso Fiore,vuoi che te lo presenti?Accettai subito.Così un pomeriggio d’estate mi presentai a casa di Tommaso Fiore,in via Quintino Sella,a Bari.Mi trovai davanti un vecchio un po’ scorbutico,che mi fece sedere senza dirmi nulla.Io passai il pomeriggio seduto,immobile,mentre scorrevano davanti a don Tommaso(così lo chiamavano tutti)-dietro una scrivania strapiena di libri-poeti,scrittori,politici,intellettuali,storici.Una marea di gente.Con ognuno di questi don Tommaso conversava,con passione,a volte con ironia o sarcasmo,altre volte citando Baudelaire o Tommaso Campanella.Per me,che avevo appena vent’anni,si apriva un mondo.Così fu per molte volte.Don Tommaso-il celebre autore di ‘Un popolo di formiche’,l’intellettuale che seppe coniugare cultura letteraria e impegno politico,che ti sapeva parlare di Catullo e dei muretti a secco della Puglia- mi invitava a ritornare a casa sua ed io ero lì ogni pomeriggio,sempre seduto e immobile,catapultato in una dimensione mitica.La moglie di don Tommaso,persona dolce,dinamica,attenta(mi era davvero simpatica),ogni tanto irrompeva nello studio:”Tommaso,stamattina ti ha telefonato Bertrand Russell…” oppure “Ti cerca Pertini,vedi di rispondergli”.Incredibile.DonTommaso,tra un ricevimento e l’altro,prese a rivolgermi la parola.Cominciammo a conoscerci davvero.Un pomeriggio mi invitò a prendere una pasta nel bar sotto casa sua e così ebbe inizio quell’abitudine:ogni pomeriggio,alle ore 16,una pasta.Perchè don Tommaso(Quante cose ho imparato da lui)affermava sempre:io lavoro dalle ore 9 alle ore 13,poi dalle ore 16 alle ore 19.Lo stesso orario di un operaio,perchè io dovrei lavorare di meno?A volte,però,c’era la pasta delle ore 16 e poi-alcune volte-una gita a Giovinazzo:io,lui e un autista.Giovinazzo gli piaceva molto:in riva al mare mi parlava di mitologia e di Benedetto Croce.Nacque così un’amicizia formidabile,che durò cinque anni(dal 1968 alla sua morte nel 1973)tra un giovane di 20 anni e un vecchio di oltre 80.”Vedi-mi diceva- devi pensare che tu hai vent’anni ed io ho quattro volte vent’anni”.
Io e Tommaso Fiore: storia di un’amicizia quasi mitica
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